lunedì 18 marzo 2013

QUENTIN TARANTINO E IL VUOTO DI SENSO DEL TARDO POST-MODERNO

"Vuoto di senso crolla l'occidente, soffocherà per ingordigia e assurda sete di potere e dall'oriente orde di fanatici" Franco Battiato, Zai Saman, album Fisiognomica



Se dovessi dire qual'è il regista che meglio di tutti incarna lo spirito dei nostri tempi, quel post-moderno che oramai appare sempre più demodé accennare, sicuramente non avrei dubbi a dire che Quentin Tarantino è colui che meglio di tutti ha saputo interpretare alcune dinamiche dei nostri tempi, da qui il suo incredibile ed inaspettato successo che giunse come un fulmine a ciel sereno a metà anni 90, con il film "Le Iene", ma soprattutto con "Pulp Fiction", pellicola del 1994, vincitore della palma d'oro a Cannes, un vero e proprio anomalo caso cinematografico.
Quentin Tarantino amante dei b-movie, del cinema di genere italiano degli anni 70 (l'horror, il poliziottesco, lo spaghetti western) e di molte pellicole asiatiche (soprattutto di Hong Kong) che proprio a partire da metà anni 90 cominciarono ad avere risonanza mondiale e a portare una grande emigrazione di registi orientali ad Hollywood (John Woo con il suo primo successo Hollywoodiano "Face Off" o Ang Lee per citarne alcuni) ma anche attori come Jackie Chan o Jet Li.
Già dalle sue passioni si nota un'anomalia forte, ovvero un regista apprezzato dalla critica ed amante del cosiddetto cinema "minore", disprezzato ferocemente dalla stessa critica cinematografica.
Proprio nei suoi film Tarantino prende molto i canoni, gli stereotipi, i soggetti e le sceneggiature di quei film portandoli in una dimensione che diviene accettabile dalla critica che fino a poco tempo prima neanche voleva considerare quel cinema come "vero cinema". Tralasciando la forte auto-ironia, le sceneggiature più solide ed originali, l'impianto tecnico di primo livello che hanno permesso il successo dei suoi film, credo che per molti giovani Tarantino sia divenuto una vera e propria catarsi, sdoganando anche ufficialmente il cinema cosiddetto minore, quello cui tutti ci vergognavamo di apprezzare e che invece dopo Tarantino diventa un vanto, una faccenda da nerd. Ma il vero motivo di successo è soprattutto perchè per la prima volta i protagonisti di un film, siano essi pazzi o criminali, ricchi o poveri, parlano il linguaggio della nostra epoca, parlano come la Generazione X. L'anomalia di Tarantino è anche quella di essere un vero e proprio nerd, uno di quelli che ti cita i dialoghi dei film a memoria, che starebbe a parlare per ore ed ore dei suoi registi e film preferiti (basti vedere una sua qualunque intervista o le varie sue iniziative a favore di registi cosiddetti di serie b), uno di quelli che amano collezionare in modo maniacale, insomma Tarantino non è più un semplice regista contro, alternativo, istituzionale o autoriale, la vera novità è il fatto che Tarantino è un nerd che sale agli onori della cronaca e come ogni buon nerd ama il citazionismo, l'elogio delle proprie passioni, l'automasturbazione culturale, lo status di cult delle opere che apprezza.
Quentin Tarantino è il maniaco della pop-culture, colui che nel cinema sdogana un fenomeno prettamente post-moderno, ovvero il revival, che nel cinema, parallelamente alla musica, avverrà spesso sotto forma di continui remake, forte citazionismo e recupero di pellicole dimenticate. I suoi ultimi film "Inglorious basterds" e "Django", non sono altro che rifacimenti di titoli spaghetti western degli anni 70, ma se "Inglourious basterds" aveva una sua autonomia e la pellicola a cui si riferiva (Quel maledetto treno blindato di Enzo Castellari) era solamente una piccola ispirazione, "Django" è in tutto e per tutto una pellicola post-moderna nel senso più deteriore del termine: ultracitazionista, basti vedere i vari brani e colonne sonore prese dai film del genere spaghetti western (non una colonna sonora insomma creata per il film, ma anch'essa citazionista), come l'imbarazzante inserimento a fine film della colonna sonora di Trinità giusto per citare e rendere omaggio (e vi parla uno a cui piacciono tantissimo i due film di Trinità), l'apparizione addirittura di Franco Nero (interprete del Django del primo film) per rimarcare il passaggio di consegne (che non viene nascosto, ma rimarcato),  l'inserimento di brani rap in un contesto ottocentesco per rimarcare l'identità nera del protagonista e potrei andare avanti per molto a citare gli omaggi, le citazioni e gli "stereotipi" che almeno da un punto di vista positivo vengono resi evidenti e smascherati, così che il film diviene consapevolmente prevedibile nella sua trama e nel suo finale, divenendo come quasi tutto il cinema di Tarantino, un metalinguaggio e una riflessione sullo stato del cinema, sulla sua crisi; il cinema di Tarantino insomma diventa una parodia, lo specchio più fedele dell'epoca tarda post-moderna (dagli anni 80 in su), l'epoca liquida, delle zero novità, dei revival, del sincretismo, dell'ascesa della pop culture, del relativismo e del nichilismo.


    Scena iniziale tratta dal film "Le Iene"

Riflettiamo infatti sulla prima sequenza in assoluto della filmografia di Tarantino, tratta dal film "Le Iene", probabilmente la scena più famosa e cult del suo cinema: ci troviamo davanti un gruppo di rapinatori seduti davanti ad un tavolo che conversano tra di loro. Tenendo in conto la tradizione cinematografica e la linearità delle trame che specie il cinema Hollywoodiano cerca di dare ai suoi spettatori, cercando di non spiazzarli, ma rassicurarli, uno si dovrebbe aspettare un dialogo incentrato sulla rapina che essi stanno per compiere, o comunque un dialogo fatto di tensione e dramma o al massimo un'autoironia venata da nervosismo, la discussione è invece un tranquillo dialogo sulla carriera anni '80 di Madonna e soprattutto  sul testo di una sua canzone, "like a virgin"; Madonna è una delle icone principali della pop culture anni 80, uno dei simboli più forti di edonismo e materialismo della nostra epoca. Il testo della canzone viene vivisezionato ed analizzato e mostrato nella sua natura sessualmente estrema. La discussione su Madonna è seria ed appassionata e porta tutti ad essere interessati e a dire la loro. Dite ciò che volete ma questa è una sequenza nella sua paradossalità molto più realistica di quella di altri film di criminali e gangster più allineati alla tradizione cinematografica, almeno a livello simbolico, e testimonia uno specchio fedele della nostra epoca e temi che saranno presenti come un fil rouge, in tutto il cinema di Tarantino e che emergono probabilmente senza che vi sia un'azione consapevole del regista. Ecco i principali:
un elemento contestuale, un tema, che emerge in tutti i film di Tarantino, in qualunque epoca essi siano ambientati, riguarda la fine dell'ideologia sostituita dal dominio della pop culture, ovvero anche i criminali nel momento clou della loro missione ( la scena appena citata del film "Le Iene"), ne sono ossessionati ed il sesso ed il corpo della donna, sono gli strumenti principi nell'espansione e dominio della pop culture, ma anche l'interminabile dialogo sui fumetti proprio nel momento clou della vendetta in Kill Bill 2; 
John Travolta e Samuel L. Jackson nel set di "Pulp Fiction
altro elemento distinguibile nella sua filmografia è il predominio del marketing e della pubblicità, riguardo questo punto gli esempi sono tanti, basti pensare il suo film consapevolmente e dichiaratamente citazionista e omaggio a pellicole anni 70 (Death Proof) e proprio per il non nascondersi è paradossalmente tra i suoi migliori film, dietro solo a "Le iene" e "Pulp Fiction". Death Proof è un enorme giocattolone usato spesso per elogiare gadget, marche ed oggetti anni 70, ma possiamo riferirci anche a "Pulp Fiction" dove l'attore Samuel L. Jackson, nel film, prima di uccidere un gruppo di ragazzi che ha rubato al suo capo un grosso quantitativo di droga, ha dialoghi interminabili con Vincent Vega alias John Travolta sul McDonald in Europa e poi successivamente parla ad uno dei ragazzi che sta per essere  ucciso, su dove si facciano i migliori hamburger in America, con tanto di bevuta catartica per lo spettatore di Sprite. Chiedete a qualunque ragazzo 2-3 scene famose di Pulp Fiction, o meglio i suoi dialoghi preferiti e sicuramente vi citerà queste scene; 
relativismo e nichilismo sono altri fattori emergenti, i protagonisti infatti non hanno mai discussioni filosofiche, religiose, politiche, economiche, culturali in senso ampio, non hanno veri e propri scopi. La morte dei protagonisti è spesso grottesca e non suscita compassione ed empatia, ma spesso gioia (vedere Django dove ogni morte diventa una liberazione, ne ho avuto prova al cinema dove le scene di sangue e violenza venivano applaudite) o addirittura riso (Vincent Vega uccide nell'auto del suo compare per sbaglio un ragazzo nero e il mitico "mister Wolf" viene ingaggiato e con nonchalance cercherà di nascondere le prove di questo omicidio, scena inaspettata e a-lineare che viene dopo un momento clou e spiazza tutti). Specie in Django insomma la violenza è quella tipica di un videogioco, distaccata, senza dramma ed immedesimazione, anzi catartica e spesso ironica.
Nel cinema di Tarantino abbiamo tutti gli elementi distintivi della generazione x dagli anni 80 in su, ecco il motivo dell'enorme successo di un regista che più di ogni altro ha saputo descrivere perfettamente il vuoto di senso post-moderno, fatto di dialoghi interminabili sul nulla; il cinema di Tarantino è infatti famoso per essere un cinema con tanti dialoghi, nonostante le sue trame sono spesso ispirate a generi più improntati all'action. I suoi dialoghi sono improntati sul vissuto quotidiano, sui vizi, sulle merci, sui tic personali, in un modo mai mostrato prima dal cinema, perchè i dialoghi non sono improntati e costruiti sulla trama come nel cinema tradizionale, ma sono svuotati di senso ed anti-climatici e inseriti al di fuori della trama:
il dialogo x non è la causa dell'effetto y, ma è al di fuori del contesto, o meglio estremamente realistico in questo senso.
Si parlava di mancanza di scopo dei protagonisti, questo non è propriamente vero o meglio lo è solo in parte; come ha dimostrato ultimamente con i suoi ultimi film, Tarantino ama molto e si trova estremamente a suo agio a dirigere film western e l'immaginario del vecchio west è quello fatto di anarchia, di cittadini che si fanno legge da sé, di un mondo senza regole e di frontiera, che ben esprime lo stato mentale post-moderno ed infatti gli eroi del cinema di Tarantino sono mercenari, nichilisti, post-moderni nel senso più puro, essi non hanno ideologie che li sostengono e proprio per questo per risolvere una situazione a loro svantaggio operano con la vendetta che è un modo di agire, un sentire della maggior parte dei protagonisti dei suoi film, basti pensare che Kill Bill e Django hanno come soggetto principale quello della vendetta. L'uomo senza ideologie, senza un substrato culturale, senza uno scopo, fa agire i suoi istinti più primitivi, il suo inconscio tenuto a bada nel periodo precedente alla post-modernità.
Il vuoto del tardo post-moderno non ha trovato miglior profeta che in Tarantino, un regista che per la sua grande forza di descrivere e creare etat d'esprit del nostro mondo è fortemente imitato, lo vedo nella mia esperienza personale, dove molti giovani che si mettono a scrivere una sceneggiatura o a voler fare anche per divertimento un corto cinematografico, imitano lo stile tarantiniano fatto di mancanza di senso, di violenza cult e celebratoria, ma se nel suo non-sense, Tarantino come abbiamo visto ha un suo fortissimo senso, invece questa imitazione, questo voler imitare lo stile di Tarantino di aspiranti sceneggiatori e registi, con in più un tocco proveniente da thriller ed horror col semplice scopo di far stupire ed alimentare emozioni diciamo basse (alla "saw-l'enigmista" o "the ring"), mostra ancor di più come noi della generazione x, quel lungo esercito di gente nata nei tardi sessanta-primi anni novanta, abbia subito il più grande sciacallaggio mentale mai avuto, svuotando completamente di senso la nostra realtà, portando a seguire ogni fenomeno culturale senza nessuna consapevolezza seppur minima, in modo totalmente passivo. Se siamo riusciti a star fuori per un pelo dalla guerra ideologica, ciò però ci ha negato il senso, pur se distorto, ci ha tolto la voglia di combattere, ci ha resi veri e propri borghesi, quelli tanto contestati da Pasolini e che lui vedeva come un pericolo nel futuro. Per Pasolini gli stessi contestatori del potere della sua epoca, che combattevano per abitudine, per moda, dei veri e propri figli di papà, erano i primi responsabili dello scardinamento della pura società contadina italiana.
Non sono così estremo come Pasolini ( e non rimpiango la civiltà contadina) ma capisco il suo ragionamento lucido e preveggente verso la futura deriva della società italiana. Tarantino dal canto suo non sarà un puro, avrà fatto più danni della grandine, non si auspica magari il miglioramento della civiltà, ma guardando con distacco la sua opera, troviamo un perfetto ritratto della nostra società e una delle migliori rappresentazioni cinematografiche del nostro vissuto liquido attuale, insomma per le attuali generazioni se visto con distacco, Tarantino è un miglior interprete della degenerazione e del danno della civiltà dei consumi.
Come dire la pop culture in se non è un male, ma un termometro sullo stato della nostra attuale civiltà, quindi far finta che non esista e vederla come opera di satana è un esercizio stupido ed ipocrita. Avere atteggiamenti di questo genere porta a divenire sepolcri imbiancati, in questo senso nel film Fantozzi, l'intellettualismo che nega ogni base popolare nell'arte è esso stesso imbarbarimento e vuoto, Fantozzi prende in giro in modo geniale questi sepolcri imbiancati nella famosa scena della corazzata kotiomkin. Me lo vedo Tarantino tra Filini e Fantozzi a prendere a pernacchie quegli sterili intellettualoidi, come dire il cinema basso e popolare si è preso la sua bella rivincita contro il professor Guidobaldo Maria Riccardelli di turno.


                                     
 Scena di Fantozzi e la corazzata Kotiomkin

2 commenti:

  1. Un autore di cinema davvero cerniera tra moderno e post-moderno è invece il regista francese Jean Luc Godard, il cui film "Band à part" è tra i favoriti di Tarantino (anche se Godard disprezza Quentin.)
    Durante l'epoca in cui, più o meno alla stessa età di Tarantino, ha esordito Godard (fine anni cinquanta) si era ancora nel pieno del moderno, nella fiducia del progresso della civiltà occidentale e nelle "narrazioni lineari che descrivono bene la Storia", eppure il post-moderno già balenava, proprio nel suo primo film, "A bout du souffle" ("Fino all'ultimo respiro"), anche questo un film con tanti dialoghi basati sul nulla e con la morte vista in una maniera del tutto anti-eroica, da fumetto.
    Mi viene da pensare anche a un film ancora più vecchio (1956), "Rapina a mano armata" di Stanley Kubrick, in cui anche la stessa scansione lineare, temporale, degli eventi va a gambe all'aria, proprio come si sarebbe visto in "Le iene" e "Pulp fiction."

    Breve nota: poco prima di venire sul tuo blog stavo leggendo qualcosa sui nerd :-)

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  2. Ho sentito parlare di Band à part ma non l'ho mai visto, me lo segno, come alla fine non conosco la filmografia di Godard.
    Un film con una scansione temporale particolare è "Rashomon" di Kurosawa che probabilmente conosci, con l'uso (in quel periodo unico e all'avanguardia) dei flashback, per mostrare come una cosa può essere vista in mille modi diversi da diverse persone.

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