Quello
che ho proposto è un filmato del settembre 2016, neanche un anno,
eppure ne sono successe di cose. Un filmato istruttivo per mostrare
due zeitgeist influenti di cui accennerò in seguito.
Ho
voluto scegliere questo video perché è la perfetta testimonianza
dei nostri tempi schizofrenici. Diverse volte mi capita di guardare
su youtube filmati delle cosiddette figure di disturbo che appaiono
in tv. Naturalmente l’originale, il modello a cui
inconsapevolmente tutti si sono ispirati è Sgarbi, infatti prima del
famoso critico d’arte (tranne alcune eccezioni di cui parlerò) la
tv italiana era per lo più informazione, cultura ed intrattenimento,
non vi era spazio diciamo per scontri o dibattiti estesi, era un
contenitore da cui prendere informazioni, una specie di libro ad
immagini ed il libro può servire per passare il tempo o per
riflettere, aveva un carattere neutro diciamo, una fruizione passiva.
Certo vale la critica di Pasolini che vedeva la tv come strumento di
imborghesimento ed impoverimento culturale, però in realtà era lo
specchio dei tempi di una società ancora non digitalizzata e dove
gli scontri ed i dibattiti erano nelle piazze, nelle riunioni di
partito, in un tempo dove l’agorà sociale era viva e vegeta.
La
tv che era ed è uno specchio della nostra società (e quindi pur
sempre un riflesso riallacciandoci all’articolo precedente),
rifletteva la totale accettazione del cittadino verso la realtà
sociale, o meglio verso la realtà che viveva. Se si era contro il
sistema vi era una totale accettazione fideistica verso il PCI e
sigle satelliti annesse, fossero anche terroristiche, vi era comunque
un’ideologia, a cui gli attuali “oppositori del sistema”,
ovvero l’m5s, che sono un riflesso dei partiti antisistema del
passato (per quanto a modo loro importanti nella destrutturazione
della realtà sociale italiana), non possono paragonarsi proprio per
mancanza di un retroterra culturale ed ideologico solido. Non vi era
quella cosiddetta apatia o nichilismo, la destra e sinistra erano
vive e vegete e si viveva nell’illusione di fare la storia. Mentre
oggi molte persone, in un mondo liquido e svuotato di significato, si
vedono come semplici consumatori, senza un minimo sforzo nel capire
il proprio scopo, anche perché nessuno riesce ad intravederlo. Si
viveva, si odiava il sistema, ma si comprendeva la realtà, si
pensava di averne tutte le chiavi di lettura. “La società del
capitale a me fa schifo ma con i compagni stiamo lottando per la
rivoluzione e stiamo vincendo diverse battaglie” poteva
affermare un comunista negli anni 70 che aveva ben chiaro qual era lo
scopo delle battaglie e il suo finale, i suoi erano veri e propri
dogmi adombrati di marxismo-leninismo e pensiero gramsciano che avevano anche delle incarnazioni nel reale, a lor parere, nella Cina di Mao, a Cuba con Fidel Castro e nell'URSS, mentre
per un socialista la mentalità simil comunista era adombrata da un
progressismo più moderato dove la lotta di classe doveva essere
moderata e non violenta e passare per importanti ma piccole riforme,
per portare passo dopo passo la società verso l’assenza di classi,
ovvero ciò che prospettava il comunismo. Vi erano persino i
fascisti, orgogliosi di esserlo (prima del cambio a 360 gradi portato
da Fini che portò i più integerrimi ad essere relegati ad un
piccolo movimento extraparlamentare); vi erano i democristiani, i più
cattolici e cristiani del lotto, in un partito che accoglieva i
moderati (che sapevano ed erano coscienti di esserlo) e tutti coloro
che vedevano nei valori cristiani il fondamento della democrazia e
soprattutto di quelli che vedevano questo partito come il garante
della democrazia, del boom economico ed in un certo senso
dell’inserimento nell’ottica americana e non sovietica, ma non
paragoniamo la DC ad un normale partito di sistema attuale come può
essere il PD, se faceva milioni di accoliti e portava una marea di
gente a votare, con percentuali altissime (cosa che oggi non vedremo
neanche al lumicino), era anche per la chiarezza del suo programma,
per il rapporto stretto con l’elettore, con quella mentalità
tipicamente cattolica del forte legame familiare, del clientelismo,
del “votami e ti do un lavoro”. Erano i tempi di Don Camillo e
Peppone che da amici-nemici, portarono poi lo scontro ad esacerbarsi
e ad essere influenzato da eminenze grige che misero a ferro e fuoco
l’Italia negli anni 70. Era periodo di forti passioni ideologiche,
di sudore e sangue. Tutto questo per dire che in Italia e nel resto
del pianeta “si stava al mondo” e nella maggior parte dei casi si
aveva un senso di appartenenza, che non voleva per forza significare
“stare bene nella società”, semplicemente capirne i meccanismi,
perché se uno capisce i meccanismi dell’ingranaggio in cui è
incluso o il suo scopo o meglio pensa di saperlo, può essere anche
uno straccione, ma certamente non finirà a prendere psicofarmaci,
antidepressivi se non ha un lavoro, certo non è che queste pillole
fossero presenti in Italia, almeno non come oggi, ma diciamo che
quando si vive in una società non liquida, si ha anche una maggiore
accettazione potremo dire o fatalismo verso quello che succede e
certamente nessuno si permetterebbe mai di dar adito o seguito a
personaggi nichilisti.
Non
è un caso che in TV, le figure disturbanti, il segnale disturbante
come nel film “essi vivono”, che avverte di vivere in un mondo
dominato da elite aliene e che disturba i fruitori passivi della tv,
la cosiddetta tv dello scontro, comincia timidamente ad apparire in
Italia nella seconda metà degli anni 80, quasi ad annunciarci un
nuovo far west futuro, dove le categorie di appartenenza passate non
sarebbero più state valide ed infatti poco tempo dopo avvenne la
caduta del muro di Berlino, la fine simbolica delle ideologie, della
destra e della sinistra (ma chi poteva essere così profeta da capire
cosa stava avvenendo?), con l’avvento del far west attuale che é
il neoliberismo e il globalismo, con tutta la liquidità, precarietà
e fine di fiducia nella società che portò. La fiducia divenne forte
quindi negli oggetti materiali, quando infatti non si vede nessuno
scopo nella realtà, quando quello che tu credevi realtà, quando la
tua ideologia viene sconfermata da ciò che ti circonda, ti rifugi
nella nostalgia, nella rabbia fine a se stessa o nel più puro
edonismo materialista e non a caso i costrutti digitali si sono
fortemente affermati sostituendo le vecchie agorà sociali,
virtualizzando l’intero nostro mondo sempre meno 3D.
Da
quel periodo in poi in parallelo con la realtà, la tv ci appare
piena di risaputo, grottesca, pomposa, fortemente trash, come le
litigate di Sgarbi che in una delle tante sue invettive iniziali
della sua carriera, desacralizza l’icona classica televisiva per
eccellenza, ovvero Mike Bongiorno, nella famosa litigata di inizio
anni 90 sugli abitanti colpiti dall’eruzione dell’Etna, che mette
in luce un personaggio imbolsito e buonista, come la sua tv oramai
logora. Mike Bongiorno, sempre corretto, posato, una delle tante
icone del boom italiano, degli “happy days” italiani, in quella
famosa litigata si scompone, ripete in evidente difficoltà frasi e
concetti ed addirittura da uno spintone a Sgarbi, minacciando persino
di lasciare il suo programma. Forse non è un caso che Mike
Bongiorno nel suo proseguo di carriera, riceverà forti attenzioni
soprattutto per le sue gaffe.
Abbiamo
già detto in altre lande che il Giovanni Battista, l’annunciatore,
colui che precede, fu Grillo con l’accusa ai socialisti e
l’intervento a Sanremo dell’89 a cui poi seguì il Bagaglino con
l’altra opera di desacralizzazione della figura politica, Sgarbi,
D’Agostino e i milioni di cloni a seguito (tra cui Paolini, l'interruttore archetipale dell'informazione lineare).
Una scena tratta dal Bagaglino |
Una
breve nota personale: ho avuto la fortuna all’università di
seguire un corso di psicologia cognitiva che si basava proprio sui
simbolismi (perfettamente volontari) usati dal bagaglino (e non solo)
per direzionare un certo pensiero, con l’uso di spunti mitologici
per portare la tv in una nuova era e modificare l’immaginario
comune. Non c’è bisogno di citare adesso il professore, so
solamente che in quel periodo in cui frequentavo questo corso, quindi
all’incirca 2002-2003, esisteva ancora il bagaglino che ricordo usò
un inside joke che solo in pochissimi potevano capire ed io ero uno
di quei fortunati, ovvero Pippo Franco fece una battuta con il
cognome del professore che aveva scritto appunto il libro che si
soffermava sul bagaglino, grazie all’assonanza con una parola non
proprio felice del vocabolario italiano. Lo spettatore neanche ci
avrà fatto caso visto che la battuta di Pippo Franco dura due
secondi appena e il libro del professore lo leggeranno solo alcuni
studenti e qualche altro fortunato, ma è stato illuminante per
mostrare come insulti e messaggi velati siano mandati in
continuazione dalle trasmissioni televisive a terzi che non sono
certo il pubblico.
Da
quando i disturbatori (intesi come persone che interrompono la
normale linearità della narrazione culturale, storica ecc.) sono
emersi nel tubo catodico, come la realtà, la tv che è un riflesso
di essa, ci mostra un mondo a cui è impossibile affiliarsi, per il
risaputo continuo, perché si dice tutto e il contrario di tutto. I
disturbatori, i segnali disturbanti, persino quelli che noi vediamo
anti-sistema, sono il riflesso di una società sempre meno affiliata
in una realtà che si sta sgretolando sotto i nostri occhi.
Il giovane filosofo Diego Fusaro |
Io
immagino che ad esempio se uno sente Giulietto Chiesa o Fusaro (per
parlare di due dei personaggi non-mainstream presenti spesso nel
mainstream e non è una frase paradossale), può immaginare che se li
fanno parlare è perché non danno fastidio al sistema, perché sono
falsi oppositori, o magari dal lato opposto possono elogiare una pur
piccola voce contraria alla solita narrazione. Né l’uno e né
l’altro. La tv è un riflesso sbiadito, con forti crepe, tanto che
risulta difficile specchiarsi per interpretarne la realtà attuale,
proprio perché l’avvento di internet la sta rendendo obsoleta ed è
destinata a scomparire in un tempo non molto lontano (almeno se
sopravviverà sarà totalmente diversa da quella attuale ed avrà un
ruolo di appendice a qualcosa di diverso), però rimane pur sempre un
riflesso, perché influenza ancora milioni di persone ed i riflessi
non possono che specchiare (per fare audience e soldi, perché i
riflessi amano imitare ed essere considerati) la nostra società e
nella nostra società c’è un sentore liquido verso tutto
l’estabilishment e la narrazione lineare, persino tra i più
inglobati nel sistema, quindi è naturale che l’m5s si sia adattato
e venga spesso intervistato (nonostante dichiari la tv obsoleta), è
normale che compare Fusaro che critica la legge sui vaccini, l’intera
società, la Nato e tanto altro (cose inconcepibili almeno fino agli
anni 80-90), è normale persino accennare e mostrare un documentario
sulla versione alternativa dell’11 settembre, sono normali queste
cose perché pur nascondendole, una parte ampia della società è
oramai interessata al disturbo, anche coloro che non sanno nulla di
informazione alternativa, amano inconsapevolmente il disturbo,
proprio perché in una grande maggioranza c’è una mancanza di
fiducia e di affiliazione in una narrazione del reale che puzza di
risaputo, da qui l’ascesa di programmi “disturbatori” o
complottistici, naturalmente distorti e trash come possono esserlo
Voyager, la Gabbia o Mistero con Ruggeri, dove intervenne persino
Paolo Franceschetti.
Ed
ora ritorniamo al filmato che ho postato all’inizio. Perchè Fusaro
e Briatore? Dietro la scelta di questo filmato non vi è stato un
lungo ragionamento, ma un’intuizione, appena visto, tac ho avuto
l’illuminazione e ho detto “ devo postarlo”. Ora lo so non è
un filmato divertente e parecchi possono trovare noioso Fusaro ed
insopportabile Briatore, eppure rappresentano due zeitgeist potenti
ed attuali, entrambi rammolliti ma che diciamo sono il sentire
collettivo, il senso comune della società verso diciamo soluzioni
future nella risoluzione dei problemi attuali della società, mentre
il resto vive in un eterno presente con nostalgia o menefreghismo:
da
una parte abbiamo il viaggiatore del tempo Fusaro che con una
macchina del tempo personale è giunto a noi dagli anni 70. E’
impossibile non notare la storicità, la linearità e la logicità
del ragionamento di Fusaro, cui la sintesi del suo intervento é:
bisogna garantire il lavoro e non possono farlo i privati ma lo
Stato, non possiamo andare avanti come nel caso dei terremotati con
la beneficenza o la buona volontà dei singoli, ma deve essere lo
Stato che garantisce ai cittadini delle case e il lavoro. Da una
parte Briatore che afferma che lui da lavoro ad 800 e più persone e
ha creato diversi progetti anche in Africa. Poi c’è uno scontro
sulla cultura al che intelligentemente Briatore chiede a Fusaro cosa
è la cultura, cosa intende il filosofo quando parla di questo
concetto, altrimenti si parla di aria e lui è un uomo pratico, cosa
é un bel quadro? Una città ben strutturata? Al che Fusaro che è
tra i più consapevoli e meno manovrati uomini televisivi (perché
alla fine è tale, un uomo, forse a malavoglia, di spettacolo)
afferma che è consapevolezza di sé. Ora un ragionamento lineare
(come è quello di Fusaro) pre caduta del muro di Berlino, non può
che essere condivisibile, anche oggi visto l’ostentazione del lusso
fatta dal Donald Trump italiano, con tutta quella cultura del vuoto,
della massima aspirazione che è andare nella costa Smeralda al suo
billionaire, una certa cultura ricca trash, da decadenza dell’impero,
la cultura dell’apparenza, dello yatch, del self made man, della
carriera e della realizzazione che avviene solo tramite i soldi.
Appunto come si fa a non essere d’accordo con Fusaro?
Trump con Flavio Briatore, suo forte sostenitore |
Questo
non è un blog lineare, semmai ciclico, insomma ripetitivo ed in
realtà la questione non è così cristallina e allora partirò da un
altro scontro di Briatore con un personaggio novecentesco, ovvero
Vauro. Abbastanza decadente (in termine di apprezzamento e
popolarità) la parabola televisiva del vignettista toscano, tanto
che potrebbe essere portato come esempio del danno che fa l’essere
legato alla storicità e ad una visione lineare di essa. Ebbene tutti
i telespettatori italiani sanno come Vauro ebbe il suo massimo di
popolarità nel primo decennio del terzo millennio, praticamente
metteva d’accordo tutti quelli che si sentivano superiori perché
non votavano Berlusconi, perché erano contro la mafia e il malaffare
e volevano un paese normale. Le sue vignette da Santoro nella
maggioranza dei casi erano spassosissime, ne ricordo una in cui
Storace (purissimo fascista e quindi sulla carta nemico assoluto di
Vauro), si mise le mani sulla bocca per non far vedere che stava
ridendo a causa di una riuscitissima vignetta sulla Polverini.
Praticamente il programma di Santoro a lungo andare sopravviveva ed
aveva i maggiori ascolti quando interveniva Travaglio coi suoi
sermoni contro Berlusconi, ma soprattutto con le vignette di Vauro,
che sembrava uno di quelli duri e puri, senza peli sulla lingua, che
senza paura mandava affanculo persino i ministri ospitati con tanto
di querele. Era il periodo berlusconiano dove il cavaliere pur
parodiandolo, riusciva a far sopravvivere il bipolarismo destra e
sinistra e a mantenere l’illusione della sua esistenza. Senza
Berlusconi la sinistra italiana sarebbe crollata dopo il
dissolvimento del PCI, dovrebbero fargli un monumento ed in effetti
l’inciucio, l’intoccabilità delle sue tv, sono dovute proprio al
desiderio da sempre delle elite italiane, di creare una situazione
tipo USA, ovvero l’alternarsi di due poteri che mantengono intatti
i privilegi delle elite, la cosiddetta politica dell’alternanza, in
cui il gioco continua sempre senza dar fastidio a nessuno. Con
Berlusconi sembrava essersi avverata questa prospettiva (descritta in
modo profetico da Blondet nel libro cult “gli adelphi della
dissoluzione”), tanto che la sinistra assunse il nome di partito
democratico trasformandosi completamente in una pallida imitazione di
quello americano (con Veltroni che si dichiarava l’Obama italiano),
rinunciando ad ogni istanza di sinistra europea che ha sempre avuto
tratti che vanno dal socialismo al comunismo. Senza prenderla lunga,
crollato il berlusconismo, molti giornalisti e comici sono divenuti
semi-disoccupati e ad esempio Vauro non si è rivelato altro che un
irriducibile nostalgico, un uomo dogmatico che critica chiunque non
si dichiari comunista, mostrando come per gli ancora irriducibili
comunisti ciò che conta non è il cambiamento, ma che tu la pensi
come loro e stai dalla loro parte, un mondo lineare, novecentesco,
rigido e senza sfumature, non si spiega altrimenti (giusto per fare
l’esempio più evidente, senza per forza parlare della sua
frequentazione dei salotti in come ad esempio quello della
bilderberghina Gruber) l’avversione feroce di Vauro contro l’m5s
dal giorno uno, con una ferocia che non ha mai avuto verso il PD e
che ebbe solamente ai tempi di Berlusconi, questo perché ad un uomo
racchiuso nella nostalgia che ha visto sfumare le sue ideologie, un
partito (l’m5s) che sembra la parodia post-moderna del PCI e che si
professa né di destra e né di sinistra, deve essere sembrato un
incubo che diventa realtà e Vauro su questo potete scommetterci
(visto anche i vari insulti che scambia con i grillini), odia molto
più Grillo che Berlusconi, perché Berlusconi è il padrone,
categoria storica riconoscibilissima, il nemico che sai come
combattere e che anzi ha regalato notorietà e soldi indirettamente
al “rivoluzionario” Vauro.
Vauro Senesi |
Perchè
ho parlato di Vauro? Perchè anche in questo filmato si parla di mancanza di senso, di politica e il sermone di Vauro per quanto possa avere diverse verità, appare retorica fine a se stessa. Briatore ha almeno compreso
certe dinamiche della società e se magari manifesta una società del
vuoto, certamente almeno non cade nella retorica storica e della
cultura che come spiegò bene Carmelo Bene, il profeta del
non-tempo, nel suo etimo é colo- colonizzare, con la sua
depravazione culturale che per il genio salentino è l’informazione,
con il prete medium che è il giornalista. Sono sicuro che Carmelo
Bene si troverebbe più a suo agio a bere un caffè con Briatore
piuttosto che con Vauro. Guardate voi stessi questo filmato e vedete
chi è più patetico. Qui abbiamo storia contro liquidità, la storia con la sua logicità e la liquidità con la sua praticità e mancanza di illusioni, entrambi stati dell'essere limitanti.
Ora
Fusaro non è certamente Vauro, è un uomo con più colo
(parafrasando Carmelo Bene) di Vauro, ma a differenza di quest’ultimo
è consapevole della liquidità dei processi attuali e quindi non fa
il bambino che batte i piedi cercando di interpretare la realtà come
se vivessimo negli anni 70. E’ un uomo puramente di sinistra che da
uomo consapevole, immerso nella sua cultura e non nella nostalgia
totalizzante, sa che i nemici di quello che lui in modo retrò chiama
ancora capitale, sono diventati paradossalmente molti uomini di
sinistra e che sempre paradossalmente come in uno specchio, la
sinistra internazionale è oggi più pericolosa della destra. Eppure
c’è qualcosa di artificioso e non vero nel discorso di Fusaro, che
è dimostrato dal sincero stupore della faccia di Briatore quando
Fusaro rimarca che lui (Briatore) è uno dei vincitori del mondo post
1989 con la categoria degli imprenditori che mira a distruggere lo
Stato. Capisco lo stupore di Briatore visto che l’imprenditore,
inteso anche come colui che apre una semplice attività e non
solamente lo spietato impresario di una multinazionale (ed ognuno
credo può testimoniarlo con esperienze personali o indirette) in
Italia è tartassato da tasse, favoritismi e mancanza di vera libera
concorrenza proprio dallo Stato, tanto che il vero imprenditore (che
nella maggior parte dei casi non è un miliardario che sfrutta la sua
ricchezza per guadagnare mercati), in realtà è costretto
continuamente a chiudere attività o ad adottare politiche
restrittive. Briatore è rimasto stupito proprio per il concetto di
Stato come moderatore e mantenitore dell’ordine, che da garanzia di
diritti civili e lavori a tutti, Briatore è addentro al sistema e sa
i magheggi che avvengono dentro il cosiddetto “Stato” che
favoriscono anche lui. Lo Stato come garante della libertà è
sempre stata una grande illusione e non è mai esistita, semmai in
periodi maggiormente storici e con convergenze internazionali
favorevoli è verissimo che lo Stato ha garantito welfare ed una
certa ricchezza, il tutto però dipeso da dinamiche che vanno oltre
il discorso “sovranità si-sovranità no” che non ci è mai
appartenuta, eravamo dall’altra parte della cortina di ferro e si
voleva mantenere l’Italia nell’ottica occidentale. Poi sappiamo
bene che lo Stato non siamo mai stati noi, come ama dirci la
propaganda, visto che proprio quelle politiche passate ci hanno
portato all’indebitamento attuale, sono gli Stati che hanno
rinunciato alla loro già piccola indipendenza (soprattutto dei
vertici), vendendoci ai pescecani dell’alta finanza, proprio perché
lo Stato è una gerarchia dove decidono i più potenti e prima o poi
dopo un periodo illuminato, un leviatano, una struttura così
mastodontica tende sempre ad accentrare più potere verso sé e a
burocratizzarsi. Lo Stato è quello che ha cresciuto in suo seno il
politically correct, i vari Fantozzi al suo interno.
Parlare
male di Briatore invece è come sparare sulla croce rossa,
rappresenta come detto in articoli precedenti, lo zeitgeist che è
divenuto padrone a partire dall’ascesa della globalizzazione ad
inizio anni 90 ed ancora dominante, ma giunto anch’esso al
capolinea, quindi sia Fusaro, ancora aggrappato a termini come
proletariato, lavoro classico (che sta scomparendo di giorno in
giorno e non sarà certo sostituito da altro lavoro vecchio stile ed
ha ancora la concezione che un lavoro pur alienante sia un diritto ed
un fatto culturale, quando in termini filosofici si dovrebbe
discutere soprattutto di come liberare l’uomo dal concetto attuale
di lavoro come schiavitù alienante fatta per sopravvivere e
realizzarsi solamente materialmente) che Briatore dove la concorrenza
e il fare soldi e tener conto solo dell’individuo e non della
collettività sono la massima aspirazione, sono ancora categorie
falsamente storiche che stanno riproducendo quella guerra ideologica
che nell’articolo su Trump ho indicato come il leitmotiv finale
degli ultimi anni di questo decennio, ovvero nazionalisti
(sovranisti) contro globalisti (collettività versus privato ed
individuo), le ultime compagini del sentire ideologico degli ultimi
secoli. Entrambi hanno a cuore il concetto di lavoro inteso in modo
classico (che oramai sta scomparendo), quindi come strutturato
gerarchicamente e strumento per fare soldi e quindi essere accettato
nella società. La differenza è che Fusaro riprendendo il tema di
questo mio vecchio articolo rappresenta il Katekon, Briatore é
l’anti-katekon che mira ad un nuovo ordine dove a dominare a 360
gradi la realtà sia il mercato con tutta la sua liquidità e
mancanza di Ethos.
Il
Katekon però è già crollato e costruirne un altro oltre ad essere
dannoso, in questa particolare congiuntura storica è anche
impraticabile.
In
questa fase le idee di Fusaro sono sicuramente una boccata d’aria
fresca, semplicemente per distruggere il devastante pensiero
globalista-neo liberista ed almeno prepararci a costruire qualcosa di
più umano e diverso. Quando però questa ideologia andrà in crisi
divenendo “storia passata”, dovremo far rivivere Frankestein?
Resuscitare un cadavere oramai morto e che non ha più possibilità
di attecchire semplicemente perché la gente oggi preferisce vivere
piuttosto che fare un lavoro racchiuso in un ufficio e ripetitivo per
tutta la vita? Ritornare agli stati nazioni in un mondo interconnesso
ed oramai con tutti i pregi e difetti, multiculturale, dove neanche
si ha più una vera identità nazionale? E perché ricreare qualcosa
di astratto che oltretutto in un lontano passato ci fu imposto con la
violenza? Ricreare un patriottismo per fare concorrenza agli altri
popoli? Dall’unione dei due pensieri dovrà uscire qualcosa di
diverso, sicuramente di più positivo di quello che uscì dalla
sintesi tra capitalismo e comunismo alla fine degli anni 80, evento
che però è servito a creare una coscienza planetaria impossibile da
eliminare, semmai da far maturare in maniera consapevole e non
distruttiva. Credo bisogna essere realisti più che nostalgici,
perché la nostalgia spesso porta rabbia, inazione ed odio.